lunedì, Maggio 12, 2025

Polemiche nel calcio: discussioni accese su Meret, shock per Politano, cambio contestato di Conte e la vecchia frase di Billing

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Il Napoli ha rimediato un pareggio frustrante contro il Genoa, con i gol di Raspadori e Lukaku che non bastano a evitare lo stop. Scott McTominay brilla con due assist, ma la difesa si comporta da vera pagliacciata, zero istintività e un sacco di errori che fanno pensare a pensieri più oscuri di un pomeriggio con Voldemort. È una miscela di delusione, rabbia e speranza tradita che si abbatte sulla città come una farfalla stanca, ma le farfalle hanno ancora le ali, e il loro battito è come una rivendicazione di libertà. Il Napoli è ancora libero di non dipendere da altri, di controllare il proprio destino e di tornare a volare. Dire tutto quello che pensiamo ora potrebbe essere un autogol clamoroso, meglio rifletterci su – dormire è impossibile lo stesso.

L’unico gol di Lukaku interrompe la sua striscia magica: prima del Genoa, ogni suo gol significava vittoria. Di forza bruta, segna il suo 13esimo, un numero che porta sfiga sin dall’ultima cena con quel Giuda, e da lì in poi storie di disastri. Se lo meritava Romelu, che ci ha creduto fino alla fine, lottando e incitando il Maradona per provare a superare l’ostacolo.

Il Genoa ha tirato solo due volte in porta, e l’analisi post-gara è una presa per i fondelli perché quello che ci ha fatto incazzare è vedere i ragazzi di Vieira arrivare sempre prima sulle seconde palle rispetto agli azzurri. Per una squadra che corre per la storia, questo è inaccettabile. Ci sono stati momenti in cui il Genoa sembrava aver più fame, come se gli azzurri si fossero già illusi di aver scalato la montagna dopo il primo gol, senza nemmeno arrivare a metà salita.

Tre punti buttati, e tutti sanno dove. Bisogna rimboccarsi le maniche, sporcarsi le mani per scavare nei motivi di questo scivolone inaspettato, tra le pieghe di quella roba chiamata paura, proprio quando sei a un passo dalla storia. Conte è il gran capo architetto, il miracolo in persona, e va celebrato per quello che ha fatto, ma con grandi poteri vengono grandi responsabilità – e ora nemmeno lui può più sbagliare.

Quattro partite senza subire gol, mai preso uno di testa in campionato, e cosa succede? Ne prendi due nella stessa gara, entrambi di zuccata. Atropo, la vecchia bisbetica delle Moire, deve aver esagerato nel tessere il dramma del destino del Napoli, affondando le unghie in un fato che ci condanna a sofferenze infinite, resistenti come il cemento. Prima di questo campionato ne avevo 41, ora me ne sento il doppio. Se avete lo stesso problema, potremmo fare un gruppo per sfogarci.

Cinque di indolenza per Meret, che sul primo gol si accartoccia come plastica sul fuoco: implode e perde tutta la sua esplosività. A parte la sfiga del rimpallo, restano dubbi sulla sua reazione fiacca alla zuccata di Anjor. La vita non perdona quando non dai il massimo, e il conto arriva sempre salato – una lezione che Alex ha già preso in faccia più volte. Spesso criticato a sproposito, stavolta è stato proprio un peso negativo. Se la fortuna aiuta i coraggiosi, ecco spiegata tanta sfortuna.

Sei punti da racimolare per non dover ascoltare le radioline degli altri campi. Sei punti per essere indipendenti e costruirsi da soli la strada verso un Paradiso inaspettato e sudato. Ma l’indipendenza costa cara: bisogna ritrovare quella fame da lupo per stupire e rompere le scatole, senza farsi schiacciare da un traguardo che si avvicina.

Sette giorni per preparare la gara di Parma, arrivandoci con gli occhi di chi è pronto a incassare mazzate. Come Goku dopo la stanza dello spirito e del tempo, sicuro di spaccare tutto. Quella consapevolezza sarà cruciale contro la squadra di Chivu, piena di giovani grezzi e non ancora pronti. Più che la forma fisica, servirà sfacciataggine pura in trasferta.

All’ottavo minuto del secondo tempo, il gol subito: in campo un Politano stremato come John Coffey che dice ‘Sono stanco capo’, un Lukaku abbandonato come la Melato nel mare azzurro, e un Billing subentrato a Raspadori con l’unico scopo di difendere. Una timidezza che diventa una beffa, un gigante mandato per gestire i palloni alti che due anni fa dichiarava: “Preferisco evitare i colpi di testa, la salute viene prima”. E così ha fatto, confondendo pure Olivera.

Nove per Raspadori, che segna un altro gol da vero cannoniere, il suo sesto dal 29 dicembre. Dritto o sinistro, non importa: quando Jack spara, senti il suono giusto, come un violinista sulle corde. Incredibile come assorba delusioni e critiche, rinascendo ogni volta come se fosse la prima. “Vivere è come amare: la ragione vi è contro, ma ogni sano istinto a favore”. Proprio come Raspa, che era quasi fuori dai giochi e ora è uno dei leader tecnici.

Dieci per McTominay, che scala montagne di volontà e prova a trascinare la squadra da solo. Vince contrasti, salta uomini, sventaglia palloni per sessanta metri e serve assist perfetti – tutto dopo aver corso in difesa. Quella lucidità gli permette di lanciare Big Rom e Raspadori per l’illusione vincente. McTominay non è solo il migliore di questo campionato, occupa pure il secondo e terzo posto: tutto ciò che il Napoli sogna, lo deve a lui.

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