Enrico Fedele non le manda a dire: "Il direttore di gara di Pompei? Un rifiuto inaccettabile. Napoli merita rispetto, non vogliono vedere il sorriso sui volti dei suoi tifosi." #Napoli #Calcio #Arbitri #Controversie
Enrico Fedele, ex dirigente nel mondo del calcio, ha lanciato una bordata neanche troppo velata contro l’arbitro nativo di Pompei, che ha scelto di non dirigere le partite del Napoli. Un comportamento che, secondo Fedele, è un vero e proprio affronto alla città e ai suoi tifosi.
"Il fischietto di Pompei si rifiuta di arbitrare le gare del Napoli", ha sottolineato il dirigente, lasciando poco spazio a interpretazioni. Nel panorama calcistico italiano, dove la tensione e le polemiche arbitrali sono all’ordine del giorno, questa scelta pare quasi ridicola, quasi come un giocatore che si rifiuta di scendere in campo contro una squadra.
Non è solo una questione di calcio, ma di rispetto. Fedele sembra quasi sbottare: "Napoli merita rispetto, non vogliono vedere il sorriso sui volti dei suoi tifosi", e ci metterebbe la firma chiunque si trovi a tifare per questa squadra che storicamente è la vittima designata di certi schemi, nel bene e nel male.
Il rifiuto del direttore di gara non solo complica la vita organizzativa, ma alimenta pure una percezione già radicata di ingiustizia e pregiudizio nei confronti del Napoli, come se qualcuno si divertisse a rendere la vita impossibile a una delle piazze più calde d’Italia.
Lo scenario, insomma, è piuttosto chiaro: un arbitraggio “facile” per tutti meno che per il Napoli, con una misteriosa avversione personale che, pur senza motivo apparente, ha spinto un uomo di Pompei a una scelta senza precedenti, che ha fatto infuriare chi da sempre sostiene la causa azzurra.
Enrico Fedele non ha dubbi e lancia la palla direttamente agli organi federali, chiedendo di fare chiarezza e di ristabilire un minimo di giustizia in un sistema che troppo spesso sembra sorvolare su certe delegittimazioni. Il calcio è passione, ma a quanto pare, ancora oggi, è anche una guerra di piccoli giochi di potere e favoritismi ammantati da silenzi imbarazzanti.