L’ex allenatore del Napoli, Ottavio Bianchi, ha rilasciato un’intervista al quotidiano La Repubblica in cui ha raccontato alcuni dettagli sulla sua esperienza con la squadra partenopea.
Bianchi ha parlato della sera dello scudetto, rivelando di essere rimasto a casa in pigiama mentre il presidente Ferlaino lo ha costretto a fare un giro per la città. Ha ammesso di essersi isolato durante quel periodo, frequentando solo alcune persone di fiducia come il suo vice Casati, il direttore dell’albergo, l’amico Enrico Verga e il cuoco di Soccavo Raffaele. Ha anche sottolineato di aver mandato via la sua famiglia in quel periodo.
Parlando del suo passato come giocatore a Napoli, Bianchi ha affermato di dover molto alla città in termini di gusti e formazione culturale, citando esperienze come il teatro con la Melato e i concerti di Dalla.
Ha riconosciuto che Napoli gli ha insegnato a vivere, mangiare, vestirsi, leggere la storia e ascoltare la musica, arricchendolo e facendolo crescere come persona. Tuttavia, come allenatore, sapeva che la bellezza della città poteva essere pericolosa e tentatrice. Ha cercato di mettere in guardia i giocatori, le loro famiglie e le loro mogli, ma spesso non è stato ascoltato.
Infine, Bianchi ha parlato del Napoli attuale, espresso la sua fiducia nel rapporto tra il giocatore individuale e il collettivo. Ha elogiato il lavoro di Spalletti nel scoprire giovani talenti come Kvaratskhelia e Osimhen. Ha ricordato che anche nel primo anno di Maradona, nonostante i suoi 14 gol, la squadra ha lottato per evitare la retrocessione. Crede ancora nei fuoriclasse, ma ha sottolineato l’importanza anche di un allenatore abile come D’Artagnan per andare avanti.