Elia Caprile del Cagliari: Dal trasferimento a Napoli al riscatto in Sardegna – Un portiere che non si accontenta! #Cagliari #SerieA #Calcio #IntervistaEsclusiva
Elia Caprile, portiere del Cagliari, ha condiviso le sue esperienze in una chiacchierata ai microfoni di Radio TV Serie A. Lui, che a metà stagione scorsa è passato da Napoli al Cagliari per guadagnarsi più spazio e visibilità, non ha peli sulla lingua quando si tratta di motivazioni. È come se certi trasferimenti fossero una fuga da panchine comode, dove i giovani finiscono per marcire invece di brillare.
“Sì, il Cagliari a gennaio mi ha dato la possibilità di tornare ad essere protagonista e di giocare ogni domenica. Ho scelto Cagliari con tanta voglia di tornare in gioco e tornare ad essere protagonista”.
Quando i complimenti piovono da tutte le parti, Caprile ammette che fa piacere, ma non si monta la testa. In un mondo dove i giovani talenti spesso si perdono tra feste e social, lui preferisce restare coi piedi per terra, concentrato sul grind quotidiano per aiutare la squadra a evitare guai in classifica.
“Sicuramente i complimenti fanno piacere però rimango concentrato solo sul lavoro, sull’allenarmi forte per aiutare il club a raggiungere la salvezza. I complimenti indubbiamente fanno piacere però mi concentro molto di più sul lavoro, sull’allenarmi e sul cercare di migliorare e vedere dove questo impegno mi porterà”.
Sul suo mister, Caprile lo dipinge come uno che non ti lascia respirare, ma almeno è onesto – una rarità in un calcio dove gli allenatori spesso fanno i diplomatici per salvare la faccia. È quel tipo di rapporto diretto che, diciamocelo, fa bene ai giocatori che non vogliono scuse.
“Come ha detto Yerry, il mister è molto esigente con noi ma se vede che in campo diamo tutto ci viene incontro, inoltre essendo un allenatore giovane il rapporto con noi è più schietto. Sicuramente ci sta dando una grossa mano sotto questo aspetto”.
L’inizio di campionato per il Cagliari è stato decente, ma Caprile non si illude: l’obiettivo è raggiungere i fatidici 40 punti per la salvezza, e poi chissà, magari rompere le scatole a qualcuna delle big, come nel prossimo match contro il Napoli in Coppa Italia. Niente sogni di gloria, solo realismo crudo.
“Sicuramente l’inizio di campionato è stato buono ma come dice il mister dobbiamo continuare a lavorare tutti i giorni per cercare di arrivare ai 40 punti, da lì potremo cercare di toglierci qualche soddisfazione”.
Parlando del suo stile di gioco, Caprile non si vanta, ma ricorda le sue parate da highlight, tipo quella doppia contro il Parma. Niente trucchi da circo, solo tecnica solida – e un accenno a quella “croce iberica” che, secondo lui, non va abusata, altrimenti sembri un pagliaccio invece di un pro.
“La croce iberica è stata la parata che ha reso famoso Neuer, sicuramente è una tecnica che aiuta, in Italia ora si insegna di più rispetto al passato, quando ero bambino meno… come ogni cosa non ne devi abusare, ci sono situazioni dove serve e altre dove è meglio usare altri metodi”.
Per Caprile, Cagliari non è solo una squadra, è un simbolo per l’intera isola – una responsabilità che, a differenza di certi giocatori che la vedono come un peso, lui considera un onore. In un calcio dominato da metropoli, rappresentare una regione intera è roba da veri duri.
“Sicuramente il fatto di giocare nel Cagliari consiste nel rappresentare un’isola intera, una grande responsabilità che non sentiamo solo come una pressione ma anche come un onore e un vanto, sono poche le squadre che rappresentano una regione. Cagliari per me è la possibilità di giocare e di questo sarò sempre grato”.
Dalla chiacchierata sul suo cane all’ultima novità, Caprile sta per diventare papà di Edoardo – un passo che, tra risate, lo rende più umano in un ambiente dove i calciatori spesso fingono di essere impeccabili. È come dire, anche i giganti tra i pali hanno una vita reale da gestire.
“(ride ndr) Sì, due mesi scarsi e diventerò papà di Edoardo, io e la mia compagna non vediamo l’ora, sappiamo che si aprirà un percorso nuovo di vita che sarà sicuramente bellissimo”.
Infine, Caprile ringrazia due leggende come Frey e Sorrentino per i complimenti, ricordando come questi vecchi lupi gli abbiano insegnato cosa significa sudare sul campo. In un mondo dove i giovani idolatrano i divi, lui ha rubato i trucchi dai maestri, dimostrando che la grinta è ereditaria.
“Ringrazio entrambi, a Stefano mi lega un rapporto importante e bello perché quando ero terzo portiere al Chievo ho avuto la fortuna di allenarmi con lui che nonostante la sua età ogni giorno si allenava a tremila, è una cosa che gli ho rubato e che spero di aver replicato. Mi ha sempre detto che con la sua voglia è riuscito ad arrivare dove nemmeno lui pensava, io gli ho preso questa cosa e ho passato l’età dai 16 ai 18 anni con un portiere che si mangiava il campo. Frey quando ero piccolo lo guardavo, faceva parate pazzesche, lo ringrazio, a livello fisico ci assomigliamo perché siamo più grossi rispetto alla media”.
In sintesi, Caprile è un esempio di resilienza in un calcio che spesso premia i belli e i chiacchierati, dimostrando che con lavoro e un po’ di schiettezza, si può ancora emergere senza troppi fronzoli.
- 25 Settembre 2025 - 20:45
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