Leandro Castan: Dal Tumore al Crollo Emotivo, la Lotta di un Guerriero del Calcio #CalcioDuro #StorieVere
Leandro Castan, l’ex roccioso difensore della Roma dal 2012 al 2018, ha aperto il suo cuore in una confessione cruda al Corriere della Sera, ripercorrendo l’inferno di un tumore al cervello che ha stravolto la sua carriera. Quel 13 settembre 2014, durante Empoli-Roma, è stato l’inizio della fine: “Durante il riscaldamento sentii un fastidio al flessore. Dopo il primo tempo, Maicon avvisò Garcia: ‘Castan non sta bene’. Mi sostituirono, e di fatto uscii dal campo per sempre. La mattina dopo stavo malissimo, avevo vertigini, pensai di morire.” Un’uscita di scena brutale, senza fanfare, che ha segnato un punto di non ritorno.
Dopo l’operazione, il tentativo di Castan di rimettersi in pista è stato un calvario che non fa sconti. “Non avevo il controllo del mio corpo. Era terribile. Volevo tornare, ma non ci riuscivo. Questo mi uccideva,” ha ammesso, mostrando la fragilità dietro la corazza del calciatore. Il sostegno è arrivato da Rudi Garcia, descritto come “un secondo padre” – un legame che ha fatto la differenza in mezzo al caos. Ma non tutti hanno giocato pulito: con Luciano Spalletti, le cose si sono incattivite in fretta.
Il rapporto con Spalletti si è trasformato in un campo minato, con il tecnico che non ha risparmiato colpi bassi. “Mi chiese di tornare il Castan di una volta, ma contro il Verona fu una delle mie peggiori partite.” E non è finita lì: “Nei giorni successivi – prosegue – mi ha richiamato in ufficio, mostrandomi una foto del Frosinone. ‘Il tuo livello è questo, non puoi giocare qui. Tu con me non giochi più’. Mi è crollato il mondo addosso. Adesso? Mi piace stare in campo, sentire l’odore dell’erba, entrare in contatto con i ragazzi. Non è ancora finito il mio momento. C’è un’altra vita nel calcio per Leandro Castan. Ho provato a stare lontano dal pallone, ma non ce l’ho fatta.” Queste parole dipingono un uomo che, nonostante i tradimenti e le batoste, non si arrende, magari con un po’ di astio per chi lo ha scaricato come un vecchio scarpino.
Oggi, Castan guarda avanti, provando a reinventarsi nel mondo del calcio che ama, nonostante le cicatrici. La sua storia è un reminder grezzo: nel gioco del pallone, non tutti i coach sono eroi, e a volte la vera vittoria è solo stare in piedi.