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Il VAR è una farsa? Ecco l’analisi spietata sull’arbitraggio nel calcio italiano

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Un esperto del settore smonta senza pietà l’uso del VAR nelle partite di Serie A, evidenziando come gli arbitri lo manipolino per mantenere il loro potere indiscusso. “Avevo ragione di preoccuparmi della partita con il Milan. Ormai non vi sono più dubbi di sorta. Chi sa intendere le cose vede nitidamente i punti da unire per ricavare il disegno. In primo luogo, gli arbitri ed il modo di usare il VAR non quale dovrebbe essere secondo il Protocollo che lo disciplina, e cioè non come strumento di autotutela nell’interesse pubblico, bensì come mezzo per rinsaldare il potere arbitrario dei direttori di gara.”

In secondo luogo, si critica aspramente il ruolo degli ex arbitri, ora commentatori TV, che difendono il sistema corrotto, supportati da ex calciatori e giornalisti che fingono di essere neutrali ma in realtà promuovono l’ignoranza delle regole. “Confortati dagli ex calciatori che – in combutta con giornalisti di grido che solo apparentemente mostrano di proporsi quali paladini della uniformità di valutazione – propugnano senza pudore la violazione delle regole, dichiarando apertamente di considerarle inique. Come se uno potesse legittimamente violare le norme vigenti laddove non ne condivida le prescrizioni. Certo, ben si può auspicare la loro modifica ed operare affinché vengano cambiate, ma fintanto che sono in vigore vanno rispettate.”

Questi individui sostengono che le regole rovinino il gioco, citando esempi come i falli di mano o gli interventi leggeri, ma l’esperto ribatte che il VAR ha l’obbligo di intervenire quando le norme sono violate, non di lasciare carta bianca agli arbitri. “Secondo loro, così come esse sono, snaturerebbero il gioco, sia per il fallo di mano («i calciatori non sono pinguini!»), sia per gli altri falli («è un intervento leggero», oppure «è una lieve manata sul viso, l’arbitro fa bene a lasciar correre»). La domanda dovrebbe essere: secondo la regola 12, è negligente o no cinturare l’avversario, o mettergli le mani in faccia? Sicché, ove ciò accada, e all’arbitro sia sfuggito l’accertamento del fatto, il VAR ha il dovere giuridico di chiamarlo alla review. Stando al Protocollo, deve essere il direttore di gara ad assumersi la responsabilità di compiere la qualificazione del fatto ed eventualmente rilevare la sussistenza di un «chiaro ed evidente errore». La verità è che si vuol difendere il libero arbitrio dell’arbitro. Vogliono che sia lui a decidere, interpretando il senso del gioco anche a dispetto delle disposizioni normative. Niente di più odioso ed insopportabile. L’arbitro è un funzionario di polizia dell’ordinamento sportivo: deve garantire il rispetto delle regole, non integrarne il dettato.”

Nell’incontro specifico, l’arbitro ha distorto completamente i fatti, e i commentatori TV hanno coperto l’errore con scuse inventate. “E così, a San Siro, Chiffi porta l’interpretazione fino alla negazione del fatto. Perché di questo si tratta. Non di una sua non condivisibile qualificazione giuridica. E il giustificatore televisivo delle vere e proprie nefandezze lo conforta insinuando una (inaccettabile) spiegazione: che il VAR non sia intervenuto perché quella sarebbe una «valutazione di campo» di esclusiva competenza dell’arbitro. Una letterale invenzione, di cui non è traccia nel dettato normativo.

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Il VAR, in almeno tre occasioni (se non quattro), ha omesso illegittimamente, e senza alcuna valida giustificazione, di richiamare l’arbitro a rivedere l’episodio sì da consentire un compiuto accertamento del fatto: per l’intervento di Modric su Anguissa, per quello clamoroso di Tomori su McFratm, e due volte nel finale per le ‘improprie attenzioni’ di Pavlovic su Lucca (prima per un doppio schiaffo e poi per l’abbraccio da cui il centravanti azzurro ha solo provato a divincolarsi).”

Sul fronte della squadra in questione, le scelte tattiche non sono state descritte come cervellotiche, ma si evidenziano limiti difensivi e responsabilità generali del mister. “Quanto ai nostri limiti, non credo che le scelte di Conte siano state cervellotiche e perciò non condivisibili. Beukema andava preservato. Sceglie Marianucci perché in Champions questi non è impiegabile. Il Napoli certamente paga a caro prezzo le iniziali disattenzioni difensive (e il mister ha ragione nel segnalare che sono di squadra, non di reparto: sapendo che due compagni fin qui non avevano mai giocato, a maggior ragione, McFratm doveva scalare per coprire Gutierrez, e Anguissa doveva fare fallo su Pavlovic). E non è affatto implausibile che dopo il 2-1, in superiorità numerica, abbia fatto quei cambi. A ben guardare, a parte il doppio intervento a vuoto su Pulisic all’inizio, Marianucci ha fatto un buon esordio, dimostrandosi nel complesso più che affidabile. Così come Gutierrez: tutto sommato, a parte qualche sbavatura, ha fatto quello che doveva.”

Inoltre, il mister deve affrontare problemi con alcuni giocatori che non appaiono al meglio, e la rosa non viene sfruttata pienamente. “Piuttosto, le responsabilità del mister sono di ordine generale. KDB vaga per il campo senza una chiara collocazione. E si percepisce anche una qualche sua insoddisfazione (al di là della – peraltro pacata – insofferenza stavolta mostrata alla sostituzione). La sua prova non indimenticabile (a parte due/tre cose compreso il rigore) sembra in gran parte non dipendere da lui. Così come quella di McFratm, che pare la brutta copia di quello dello scorso anno. E lo stesso Hojlund rassomiglia ancora ad un pesce fuor d’acqua. Insomma, la rosa formidabile di cui dispone appare allo stato sfruttata non al meglio. Dovrebbe forse praticare realmente quanto egli stesso ha dichiarato: alternare alla bisogna i due diversi sistemi di gioco, non insistendo irragionevolmente a tenere sempre in campo i ‘fab four’. Si tratta di convincerli che è un bene per la squadra e per loro stessi che si avvicendino. Senza escludere che possano coesistere, ma senza pensare che debbano necessariamente giocare tutti insieme.”

In chiusura, i pronostici iniziali sono stati smentiti da imprevisti, e si pone una domanda critica sui risultati e sul gioco: se l’obiettivo è vincere a tutti i costi, come giustificare le sconfitte quando il livello non è all’altezza? “Venerdì avevo pronosticato 0-1. Ma i pronostici sono giudicabili ad invarianza dei presupposti e venerdì nessuno sapeva che, oltre a Buongiorno, sarebbero mancati (per i campi di Castelvolturno?) pure Rrahmani, Olivera e Spinazzola. In conclusione, se il mantra in voga è «Si giudica dai risultati a prescindere dal gioco. Perché voglio vincere, non m’importa di giocare bene», come la mettiamo se perdiamo e non si vede un gioco all’altezza della qualità della rosa?”

Questa analisi mette in luce le falle del sistema arbitrale e le sfide interne, lasciando spazio a riflessioni su un calcio sempre più controverso e ingiusto.

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