Il Napoli di Conte: Ricostruzione Strategica o Scommessa sul Futuro?
Nella conferenza stampa di fine ritiro, Antonio Conte ha parlato chiaro sul mercato estivo, dipingendo un quadro di un Napoli in piena fase di rebuild. “Il bilancio è molto semplice da fare, al di là di questa sessione, noi nel giro di un anno dal mio arrivo abbiamo preso 13 giocatori, venduti 7 tra cui top player come Osimhen, Kvara, Raspadori in ultimo”, ha spiegato, elencando fatti che suonano come una lista della spesa ambiziosa ma rischiosa.
È innegabile che il club stia provando a costruire basi solide, ma come tifosi veri, non possiamo ignorare il sapore amaro di aver perso gemme come Osimhen – quel gigante che ci ha fatto sognare lo Scudetto. Conte insiste che è tutto per la “famosa ricostruzione”, paragonando il nostro percorso a club come la Juventus post-Agnelli, che hanno saputo reinventarsi senza svendere l’anima; eppure, qui a Napoli, pare più un salto nel vuoto che un piano geniale.
“Noi continuiamo ad essere in ricostruzione, abbiamo vinto lo Scudetto ma non a ciclo finito, ma dopo il primo anno”, ha sottolineato l’allenatore, e ha ragione: quell’impresa del 2023 fu un miracolo, merito di Spalletti e dei ragazzi, ma ora rischiamo di tornare indietro, come ai tempi bui di Benitez, dove promesse non concretizzate ci lasciavano a bocca asciutta.
Prendere giocatori come Beukema o Marianucci per il futuro è un colpo astuto, ma non prendiamoci in giro: “non tutte le ciambelle escono col buco”, come ha ammesso Conte, e con così tanti nuovi arrivati – tra prestiti e scommesse – potremmo finire con una rosa piena di potenziali ma scarna di certezze, tipo quando il Milan comprava a raffica senza centrare l’obiettivo.
Insomma, ai partenopei appassionati, questo mercato grida pazienza, ma anche un po’ di ironia: stiamo costruendo un futuro stabile, dice Conte, però se le cose vanno storte, potremmo ritrovarci a sbeffeggiare noi stessi per aver scambiato stelle pronte con speranze da coltivare. Dategli tempo, ma tenete gli occhi bene aperti – il vero test è sul campo, non nelle parole.