La farsa di Lookman: un sintomo della deriva del calcio italiano
Il caso di Ademola Lookman, sparito dai radar dell’Atalanta in piena trattativa con l’Inter, non è solo un episodio bizzarro, ma il simbolo di un sistema malato in Serie A. Come tifosi del Napoli, abituati a vedere i nostri beniamini svanire per un’offerta più allettante, non possiamo fare a meno di storcere il naso di fronte a questa tendenza. È una storia che va oltre il gossip, toccando il cuore del business del pallone.
“Se c’è ancora qualche esponente del calcio italiano dei nostri giorni che riesce a scandalizzarsi per la sparizione improvvisa e misteriosa di Lookman dai radar dell’Atalanta, è bene che si metta comodo e pensi non all’episodio di qui sopra ma alla tendenza che sta prendendo piede in serie A e dintorni”. Ordine ha ragione, e come napolista lo dico con una smorfia: se questo è il nuovo standard, prepariamoci a più teatrini da quattro soldi, dove i giocatori dettano legge come divi hollywoodiani.
Pensate al Napoli: quante volte abbiamo visto trasferimenti farsi e disfarsi per il capriccio di un agente? Ricordate Higuain che scappò alla Juve? È la stessa logica, ma con Lookman si esagera, trasformando i club in semplici bancomat. Critichiamo pure l’Atalanta, ma occhio, potremmo essere noi i prossimi.
“Nella vicenda Lookman c’è in gioco qualcosa di molto più importante rispetto alla curiosità di conoscere dove si è nascosto in queste ore. E riguarda la proprietà effettiva dei cartellini. Il costo economico è iscritto a bilancio delle società e costituisce, in larga parte, il patrimonio dei club. Ma se poi la disponibilità a un trasferimento gradito, passa solo e soltanto attraverso il parere (e la convenienza) del tesserato, ignorando l’interesse (tecnico e finanziario) della società allora la conseguenza, non scritta, è una e una soltanto: e cioè i proprietari dei cartellini restano i calciatori e i loro agenti. Nella trattativa che sta paralizzando il mercato di Atalanta e Inter, c’è stato anche chi – l’agente Andrea D’Amico – ha suggerito all’attaccante atalantino di chiedere la rescissione del contratto”. Questa citazione è un pugno nello stomaco: D’Amico gioca a fare il re, ignorando che i club come il nostro sudano sette camicie per valorizzare i talenti. Ironico, no? Alla fine, chi ci rimette sono i tifosi, intrappolati in questo circo.
Che dibattito acceso, amici napoletani: se i giocatori comandano così, il Napoli deve smettere di illudersi con i grandi sogni. O cambiamo le regole, o finiamo come l’Inter, a inseguire ombre. Smettiamola di fingere, è ora di un po’ di sano realismo – e magari un po’ di cinismo, se serve per vincere.