Cuadrado non risparmia stile su Juve: addio da incubo e difese piccanti! #Juventus #Cuadrado #CalcioDrama
Juan Cuadrado, in una chiacchierata con La Gazzetta dello Sport, ha ripercorso senza filtri il suo saluto tutt’altro che dolce alla Juventus nell’estate 2023. Il colombiano, ora in forze al Pisa dopo passi con Inter e Atalanta, non ha nascosto un po’ di risentimento per come è finita, dimostrando che nel calcio i sentimenti contano quanto i gol.
Parlando dei suoi anni migliori, Cuadrado ha evidenziato: “Il miglior Cuadrado si è visto a Torino e a Firenze. Sono un tifoso bianconero. Mia madre vive ancora lì, i miei figli sono nati a Torino. Lucas ha sei anni, Lucia nove. Ho vissuto otto stagioni magiche, ho vinto cinque scudetti e diverse coppe. L’unico rimpianto resta la finale di Champions persa a Cardiff”. Insomma, un amore non corrisposto fino in fondo, con un tocco di nostalgia che fa quasi ridere per quanto è melodrammatico.
Sul lato oscuro della sua esperienza con i bianconeri, Cuadrado ha sbottonato senza peli sulla lingua: “Le modalità d’addio. L’infortunio di De Sciglio aveva aumentato le mie chance, Allegri voleva tenermi. Da parte mia non c’erano dubbi: sarei rimasto. Poi la dirigenza è cambiata, l’allenatore è andato via e io sono rimasto in attesa. Mentre aspettavo una chiamata, lessi sui social che l’avventura era finita. Avrei preferito una parola o un messaggio privato. Ci sono rimasto male, è stato molto triste. Ma il calcio è così. I tifosi sono e saranno sempre nel mio cuore”. Ah, il classico trattamento da star cadute in disgrazia – un messaggio via social al posto di una stretta di mano, perché nel mondo del pallone l’eleganza è optional.
E non si è tirato indietro nemmeno di fronte alle accuse di essere un po’ troppo teatrale in campo. Con un ghigno da vero duro, ha replicato: “Magari in alcuni episodi ho accentuato di più, ma se cado è perché sono stato toccato”. Diciamocelo, nel calcio di oggi, chi non barcolla un po’ per sopravvivere? Cuadrado difende il suo stile con la stessa grinta che metteva sulle fasce, ricordandoci che anche i “simulatori” hanno il loro orgoglio.