Ex calciatore del Napoli, Antonio Floro Flores, si apre su provini disastrosi e la svolta azzurra: una storia di sudore e sfortuna! #Calcio #Napoli #StorieVere
Antonio Floro Flores, che ha calcato i campi come ex giocatore del Napoli, ha deciso di aprire il cuore in un podcast, raccontando senza filtri la sua avventura nel mondo del calcio. Con un tocco di cinismo e realismo, ha descritto le fatiche e le delusioni che hanno segnato il suo percorso, senza risparmiarsi critiche autoimposte o bordate a chi lo ha ignorato.
In particolare, l’ex azzurro ha ripercorso i suoi innumerevoli tentativi per emergere, evidenziando come spesso il calcio premi i raccomandati più che il talento grezzo. Ecco le sue parole dirette: “Io giocavo a Posillipo e facevo 500-600 provini (ride, ndr), non c’erano più squadre, li ho fatti con tutte. Ogni provino era un’occasione perché sapevo che c’era qualcuno a vedermi, e andavo a 200 all’ora. Per tre-quattro anni nessuno mi prendeva, ho detto ‘Non è che sono scarso io?’. Andai a fare un provino al Venezia, c’erano anche Troianiello e Masiello: vincemmo 3-0, feci tre gol, si presero loro e non me. Dopo tre anni e mezzo in questa scuola calcio non avevo più voglia di giocare. Io ero distrutto, questa chiamata non arrivava mai. Quando ho sentito dal mio procuratore se volessi andare a provare al Napoli, dissi di sì subito. Mi viene ancora la pelle d’oca.”
Nonostante le difficoltà, Flores ha poi parlato della sua esperienza a Napoli, dove il suo aspetto fisico è diventato un tema di discussione tra i dirigenti, con un misto di umorismo tagliente e frustrazione. “Vado a Napoli e sto lì un mese: io ero magrolino, mi ricordo che stavo per firmare e Montefusco disse: ‘Lo vedi che è magrolino?’. Caffarelli diceva ‘Sì è magrolino, ma l’hai visto giocare?’. Il mio procuratore fu un grande signore, non si prese i soldi e lasciò me e i ragazzi lì. Disse: ‘Se fra un anno il ragazzo ha qualità e rimane, mi pagate. Altrimenti, arrivederci’. In tutto questo, in due anni e mezzo mi sono ritrovato in prima squadra. Se il Napoli non fosse fallito come sarebbe stata la mia carriera? Quando vivi nella tua città, per lasciarla ti devono cacciare. Io penso questo, perché ho vissuto Paolo Cannavaro che è stato cacciato da qui ed è andato al Sassuolo, lui non sarebbe mai andato via. Al Sassuolo ci ho vissuto un po’ insieme. Io non lo so come sarebbe andata la mia carriera, ma so che Gaucci mi metteva la fascia da capitano e mi metteva la squadra sulle spalle. Per un giocatore è quello che uno vuole: le responsabilità. Mi sono sempre piaciute le sfide e le responsabilità, per me il calcio è una sfida ogni giorno. Anche gli insulti e le critiche aiutano e ti formano, tante volte puoi prendere spunto da un tifoso che dice una cosa giusta essendo umili. Purtroppo non posso tornare indietro, non ho la bacchetta magica, ma so quello che voglio adesso”.
Alla fine, la storia di Flores ci ricorda che nel calcio, come nella vita, le responsabilità e le critiche non sono solo ostacoli, ma combustibile per chi ha le palle di sfidare il sistema e andare avanti. Una carriera segnata da alti e bassi, dove il vero vincitore è chi impara a ridere delle proprie sfortune.