“In quella partita mi attenni a quelle che erano le disposizioni Uefa e Fifa. Da quel momento in Italia cambiò qualcosa, la procedura venne sovvertita: ad oggi, rispetto agli altri paesi europei, in Italia l’arbitro non è più l’unico responsabile della sospensione della gara, ma è stato tutto demandato al Gruppo operativo sicurezza, per la gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica all’interno degli impianti. Da quel 2018 a oggi qualcosa è cambiato, sono contento di aver dato il là a quella che definisco la fase della consapevolezza, da quel momento si è capito che in Italia c’è un problema razzismo”. Così ai microfoni di Radio Anch’io Sport su Rai Radio 1 l’ex arbitro Claudio Gavillucci, il direttore di gara che nel 2018 sospese Sampdoria-Napoli per cori razzisti e discriminatori nei confronti di Koulibaly e della città di Napoli.
“Non ci dovrebbe essere una regola scritta, ma il buon senso che deve guidare l’arbitro in campo e gli attori presenti sul terreno del gioco. L’atteggiamento di Maresca nei confronti di Maignan è giusto, diverso, che va al di là del ruolo dell’arbitro e che deve essere la linea guida di tutti gli esseri umani. Ho visto una fase differente, ora c’è bisogno di un secondo step. Dopo la consapevolezza, è il momento della lotta. Dopo Samp-Napoli, ricordo quali furono i commenti, del governo e delle istituzioni di allora: minimizzarono. Si disse che per pochi imbecilli non si poteva sospendere la partita, qualcuno addirittura auspicava che per eliminare il problema bastava allontanare i microfoni dalle curve, così a casa non avrebbero sentito i cori. Oggi, per fortuna, non vedo più questo atteggiamento. Possiamo fare come in Inghilterra e riuscire a debellare quasi del tutto il problema”.
Sospensione definitiva delle partite? “I giocatori, che hanno un potere comunicativo-mediatico enorme, devono dare il primo segnale. Se Maignan non fosse uscito dal campo, non staremmo parlando di questo episodio. In questo momento è l’unico segnale da poter lanciare affinché chi ama il calcio emargini all’interno dello stadio chi si macchia di questo reato. In più gli stadi italiani di proprietà sono pochi, purtroppo sono in mano agli ultrà e le società possono fare poco. Avere il controllo dello stadio faciliterebbe l’individuazione delle persone e quindi anche il loro divieto di ingresso nell’impianto”.
Si rischia nuovamente di minimizzare l’accaduto? “La paura è quella. Mi auguro che il ministro dello Sport Abodi prenda in mano la situazione e che si facciano delle leggi al di là del calcio che condannino e possano arginare questi non tifosi e delinquenti”. Dopo quella decisione durante Samp-Napoli, Gavillucci fu espulso dai professionisti. Qual è la cosa che l’ha più amareggiata di questa vicenda? “Quel gesto è stato enfatizzato, ho ricevuto tanti attestati di stima dal mondo esterno, ma non da quello interno”.