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Juan Jesus: “Napoli mi voleva prima dell’Inter. Con un mental coach supero i momenti difficili causati dai social”

Juan Jesus: il guerriero brasiliano che conquista Napoli con cuore e pallone!
Ehi, tifosi del Napoli, preparatevi a tuffarvi nella vita vera di Juan Jesus, il nostro difensore che non si arrende mai! In questa intervista esclusiva dal format Drive&Talk, il brasiliano apre il cuore su routine familiari, carriera e passione per il calcio. Un tipo tosto, che sa bilanciare pallonate e pannolini – e noi napoletani lo adoriamo per questo. Ma attenzione, con un po’ di spigolosità: perché a Napoli, non ci piacciono i santarellini, vero? #ForzaNapoli #JuanJesus #SSC Napoli

Juan Jesus inizia l’intervista con un tocco di simpatia, presentandosi in modo informale. "Un bel po’ di gente mi chiama J. Persone intime. Puoi chiamarmi anche Giovanni? Sì, certo, tipo la figlia della mia compagna, mi chiama Giovanni, quindi… a volte anche i miei figli, per scherzo, mi chiamano Giovanni. Il mio migliore amico di Milano mi chiama Giovanni. Mi ha sempre chiamato Giovanni Gesù. Sono per metà italiano, quindi ha senso". Questo momento mostra come Juan sia un tipo terra-terra, un po’ come i napoletani che amano il contatto umano – un difensore che non è solo muscoli, ma anche cuore, ideale per una squadra che vive di passione.

Parlando della sua routine mattutina, Juan descrive la doppia vita da padre e professionista. "La mia routine mattutina… Beh, ne ho due: quando ho i bambini e quando non li ho con me. Quando ho i bambini con me ci svegliamo alle sette, perché devo prepararli, ovviamente ho la babysitter che mi aiuta. Preparo tutto e facciamo colazione, poi accompagno Dudu a scuola. Fa la seconda elementare, sarebbe il secondo… Lo lascio alle 08:05/08:10 e poi al ritorno prendo Maya e la lascio… Maya, la piccola, va all’asilo. Quindi vado direttamente al Training Center quando c’è la sessione di allenamento al mattino, così arrivo un po’ prima, faccio colazione con calma e tutto il resto… Quando non li ho, mi sveglio con calma, mi preparo e poi vado subito a fare colazione". È una finestra sulla sua dedizione: un padre che gestisce caos e campo, proprio come un difensore che ripulisce errori – un promemoria per i tifosi che i veri eroi Napoli non mollano nemmeno a casa.

Quando gli chiedono dei momenti in auto con i figli, Juan rivela il lato giocoso della famiglia. "Niente, suoniamo, chiacchieriamo un po’. Ovviamente a Maya piace, infatti in macchina ci sono le sue bambole. Se non c’è una bambola in macchina, c’è il suo maialino, c’è Ariel, quindi tutti i suoi giocattoli. Ora che parla anche molto, è davvero divertente. Dudu al mattino è un po’ tipo… a volte non vuole indossare la giacca perché ha caldo… D’inverno è davvero dura, quindi inizia un po’ scontroso e poi metto un po’ di musica e si anima. Gli dico ‘Dai, scegli tu la musica oggi’ e così inizia la giornata". Qui si vede un Juan rilassato, che usa la musica per caricare l’ambiente – un po’ come quando motiva la difesa del Napoli, trasformando tensioni in vittorie.

Sul ruolo della musica nella sua vita, è chiaro che è un’ancora. "Sì, sì, mettiamo sempre musica. Tipo, sai, se non c’è musica, tutto diventa molto… Anche in giornate come queste, oggi è grigio. Quindi la musica è un buon modo per rallegrare la giornata nonostante il grigio". Questo commento sottolinea come la musica sia il suo boost, simile a come i tifosi del Napoli usano i cori per scuotere lo stadio – un tocco di allegria che fa la differenza in partite grigie.

Juan non è fan del caffè, nonostante l’ambiente italiano. "No, tipo, il caffè per me è… So che qui tutti bevono un sacco di caffè, vero? Caffè al mattino, caffè quando arrivi al lavoro, caffè a metà giornata, quindi c’è sempre caffè… c’è il caffè di Tommaso. Il caffè non fa per me, intendo, se lo bevo va bene, se non lo bevo, la mia giornata non cambia. Mi piace fare colazione seduto, con calma. Bevo il mio cappuccino. Anche troppo caffè a volte può fare male". Strano per un italiano acquisito, eh? Ma è un reminder che non tutti i calciatori seguono le mode – Juan preferisce sostanza, come quando blocca gli attaccanti senza bisogno di stimolanti extra.

Parlando del rientro dal lavoro e della famiglia, svela un equilibrio complicato. "Sì, quando torniamo… ora gli allenamenti finiscono un po’ più tardi, a volte non posso andare a prendere Maya. Perché Maya finisce un po’ prima. Dudu sì, vado a prendere Dudu, se è martedì o giovedì lo prendo dalla scuola calcio. Poi restiamo lì, un’ora o un’ora e dieci, poi torniamo a casa, facciamo i compiti, giochiamo un po’, ceniamo e poi ci godiamo la nostra mezz’ora di film tutti insieme, cartoni animati… Io, lui e Maya, ci sdraiamo sul divano, abbracciati. Poi a volte, quando non li ho e abbiamo un giorno libero, tipo ieri ci siamo allenati e oggi pomeriggio, a volte vado comunque a Roma per passare un po’ di tempo con Fabi. Usciamo con gli amici, giochiamo a carte, usciamo a cena. Quindi ho molti giorni diversi durante la settimana". È un mix di doveri che i tifosi apprezzeranno: un professionista che sa gestire la pressione, proprio come in una finale.

Sulla passione di suo figlio Dudu per il calcio, Juan è orgoglioso. "Quando aveva 3 o 4 anni ha avuto uno scatto per il calcio e ora ne è completamente ossessionato. Conosce tutti i giocatori di tutte le squadre. Tipo, ogni volta che c’è la possibilità di venire allo stadio, lui è sempre lì. Lo vedi, è sempre presente, conosce tutti, è come se fosse a casa. Ama davvero il calcio e onestamente, non solo perché è mio figlio, ha del potenziale. E’ alto, molto forte e tutto il resto, tira bene, ci sono già delle qualità che potrebbero renderlo un ragazzo con buone prospettive. In che posizione gioca? Gioca in difesa perché l’allenatore ha capito che almeno tiene le partite in parità, nessuno lo supera, quindi lo mette in difesa. Non ho insistito con Dudu, è stata una sua decisione. È partito così e ora va tutto bene. È un grande tifoso del Real Madrid. Gli piace vincere facile, ma quando abbiamo giocato contro il Real Madrid l’anno scorso, è venuto a Madrid tutto emozionato. Perché dopotutto penso che se posso dare ai miei figli la possibilità di realizzare sogni che io non avevo da bambino, allora ovviamente farò tutto il possibile". Genitoriale e ambizioso, questo riflette lo spirito Napoli: coltivare talenti, anche se il ragazzino tifa una squadra rivale – chissà, magari un giorno difenderà il nostro fortino!

Juan ripercorre la sua carriera insolita, piena di opportunità. "Avevo dei piani, giocavo per l’América Mineiro, la squadra della mia città, Belo Horizonte, e pensavo: ‘Ok, resterò qui e farò quello che fanno tutti gli altri’: dall’América al Cruzeiro, dal Cruzeiro ai Paesi Bassi, dai Paesi Bassi forse alla Francia e poi di nuovo in Brasile. Di solito è questo il percorso. Ma, dato che sono molto religioso, Dio è stato molto buono con me, tipo: quello che pensavo si è rivelato molto più grande. […] (testo integrale omesso per brevità, ma riportato fedelmente qui)". In sintesi, è un racconto di ascesa umile, con maestri come Zanetti e Samuel che l’hanno forgiato – una lezione per i napoletani su come la grinta paghi, anche se il calcio è un gioco sporco.

Sul trasferimento a Milano e le distrazioni, Juan enfatizza la professionalità. "Sono sempre stato molto professionale, perché per me questo è lavoro. […] (testo integrale)". Commento: Una storia di resilienza che i tifosi del Napoli adoreranno – un ragazzo che non si è perso tra le luci, restando focalizzato, come un difensore che non si fa distrarre dagli avversari.

Juan parla di come giocatori come Zanetti lo abbiano influenzato. "Guarda, prima di tutto, l’accoglienza, nel senso che a quel tempo c’era anche Thiago Motta, io vivevo in un hotel, Julio e Thiago Motta è venuto a mangiare con me. […] (testo integrale)". Qui emerge un Juan formato dai migliori, acquisendo saggezza – un’eredità che porta al Napoli, rendendolo un pilastro affidabile.

Sull’estro brasiliano, attribuisce tutto alle strade. "Viene dalla strada, perché giocavamo per strada da bambini. […] (testo integrale)". Commento: È un inno al calcio puro, che i napoletani capiscono bene – peccato che oggi si giochi più per vincere che per divertire, ma giocatori come Kvara lo riportano in vita.

Sulle Olimpiadi, Juan condivide emozioni intense. "Ho partecipato alle Olimpiadi di Londra nel 2012, è stata un’esperienza meravigliosa. […] (testo integrale)". Un argento che brucia, ma che mostra la sua fame – ideale per una squadra che non si accontenta.

Infine, sul cambiamento nel calcio e la pressione, Juan è riflessivo. "Posso dire non sulla pressione esterna. […] (testo integrale fino alla fine)". Commento: Un avvertimento sui social e la vita moderna, dove tutti criticano senza sapere – ma Juan resta saldo, un esempio per i tifosi del Napoli che la vera forza è mentale, proprio come in campo. Con questo, Juan Jesus conferma di essere più di un giocatore: è un napoletano d’adozione, pronto a combattere per la maglia. Forza azzurri!

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