La tradizione degli scambi tra Napoli e Torino: un’amicizia partenopea da non sottovalutare
Nel mondo del calcio, dove gli affari spesso somigliano a guerre, la chiacchierata di Urbano Cairo al trofeo “Mamma e papà Cairo” ha riportato alla luce una tradizione simpatica con Aurelio De Laurentiis, segno di un rispetto che fa quasi tenerezza. Ma come tifosi del Napoli, ci chiediamo: è solo un cerimoniale da presidenti o c’è sostanza dietro?
Cairo ha raccontato: “Quando ci scambiamo giocatori la tradizione è che uno chiami l’altro: quando gli vendetti Maksimovic, dopo una trattativa estenuante, mi chiamò lui e fu molto carino.” Beh, è un bel gesto, vero? Ricorda i tempi d’oro del calcio, quando non si pensava solo ai soldi, ma qui da Napoli pensiamo: De Laurentiis è sempre “carino” quando cediamo talenti come Maksimovic, che poi ha brillato altrove?
L’anno scorso è toccato a Buongiorno, e quest’anno Cairo ha chiamato per Milinkovic e Simeone, rispolverando la tradizione – tranne per Verdi, che è stato un flop epico. “L’unica volta in cui non ci siamo sentiti è stata dopo Verdi, che non ha fatto bene come speravamo tutti”, ammette Cairo. Ironico, no? Come se quel trasferimento non fosse stato un bidone per il Napoli, con Verdi che ha deluso tutti, lasciando noi partenopei a imprecare contro gli errori di mercato.
Paragoniamo questa usanza a quella di altri club, tipo la Juventus con i suoi affari sottobanco: almeno qui c’è un tocco di umanità, ma se porta più bidoni che campioni, meglio rottamarla. Per il Napoli, Simeone potrebbe essere un’arma in più, ma non dimentichiamo che questi scambi spesso ci lasciano con il cerino in mano.
Insomma, ai tifosi del Napoli dico: brindiamo a questa tradizione, ma teniamo gli occhi aperti. Se diventa solo un alibi per cessioni sbagliate, potremmo doverla criticare senza peli sulla lingua – perché nel calcio, l’amicizia va bene, ma i trofei vengono prima. E voi, che ne pensate?