Lautaro parla senza filtri: infortunio, rimpianti per il finale di stagione e la sfida personale al Pallone d’Oro. #Lautaro #PallonedOro #Calcio
Lautaro Martinez è stato intervistato da France Football in occasione della sua nomina per il Pallone d’Oro 2025.
“Ho giocato la finale di Champions sul dolore? Un po’.”
“A Barcellona, all’andata, ho avuto uno stiramento muscolare. I medici mi hanno detto di stare fuori per dodici o quindici giorni perché il muscolo era leggermente strappato. Per sei giorni prima del ritorno, ho fatto due sedute di fisioterapia al giorno, lavorando in palestra. Il giorno prima, era ancora molto dolorante, ma ho messo una fasciatura e sono andato. Quando ho causato il rigore, la gamba mi faceva molto male. Peccato. Due giorni dopo, il dolore era raddoppiato, ho fatto degli esami e il mio infortunio era più grave. Ho parlato con i medici per prepararmi al meglio per la finale, nelle condizioni che ritenevo possibili. Ho lavorato duro, molto duro, ma il muscolo non riusciva a recuperare completamente. Onestamente, ero guarito, pronto a giocare. Ma mi sentivo diverso, non al 100%”.
Sul crollo nel finale della scorsa stagione, il giocatore non cerca alibi e ricostruisce i fatti con chiarezza.
“Avevamo la possibilità di vincere tre titoli, e alla fine ci siamo trovati senza niente. È il dolore più profondo che abbia mai provato. Come si spiega? È difficile da spiegare. Perché il calcio è così: a volte si vince, a volte si perde. Il Napoli, che ha vinto lo Scudetto, ha giocato solo in campionato. Si è riposato, si è preparato per la partita ogni settimana. Noi dall’anno scorso abbiamo accumulato partite, stanchezza, infortuni e quindi giocatori indisponibili nei momenti importanti. Si è fatto sentire davvero. Ma con ogni stagione si impara”.
Sull’eventuale influenza del futuro di Simone Inzaghi sul finale di stagione, la risposta è netta.
“Assolutamente no. Ognuno è libero di fare le scelte che preferisce. Il Mister ci ha comunicato di aver ricevuto un’offerta, che se ne sarebbe andato. Eravamo concentrati sui nostri obiettivi. Ha sempre dimostrato professionalità. Ci siamo sentiti molto a nostro agio con lui, era la nostra mente”.
Riguardo al perdono verso la squadra e se stesso, Lautaro parla di umanità e crescita.
“Sì. Tutti i ragazzi sono rimasti profondamente colpiti. Sbagliare è umano. Quando si commette un errore, quando l’errore non è stato commesso con cattive intenzioni, ma con l’obiettivo di crescere e migliorare, bisogna perdonare. L’arrivo di un nuovo allenatore, l’inizio di un nuovo ciclo, ci fa bene. È importante cambiare aria, obiettivi e punti di forza”.
7° posto al Pallone d’Oro?
“Mi aspettavo di essere classificato più in alto dopo essere arrivato capocannoniere e giocatore della Serie A, vincendo la Coppa America segnando cinque gol, incluso il gol della vittoria in finale. Ho anche vinto la Supercoppa Italiana segnando in semifinale e in finale. Ma rispetto la scelta dei giudici”.
Sulla meritocrazia e i riconoscimenti individuali, la riflessione è pragmatica.
“Se lo meritavo io? Non lo so. I riconoscimenti individuali sono importanti per me. Il collettivo viene prima dei singoli, ma quando raggiungiamo i nostri obiettivi personali, è perché stiamo facendo bene per la squadra. I nostri obiettivi collettivi ci permettono di arrivare fin qui, a questo posto, a questo gala. Essere tra i 30 è già una grande ricompensa, ma sogno di riuscire a dare il massimo nell’arco di una stagione. Sogno di vincere il Pallone d’Oro, un trofeo molto prestigioso”.
Sull’essere sottovalutato e sull’immagine pubblica, Lautaro ribadisce i suoi valori personali.
“Sono sottovalutato? A volte sì, ma sono gusti. Forse è una questione di immagine, di marketing, che non mi porta dove merito. Ma do sempre il massimo per i miei compagni di squadra, per la mia maglia. Questo è ciò che conta. Cerco di raggiungere i miei obiettivi per essere in pace con me stesso. A 28 anni, sono molto contento della mia carriera. Sono sempre migliorato, ho ancora molto da imparare. Sì, aspiro ad essere più riconosciuto. Ma soprattutto, vorrei essere riconosciuto come una persona buona, educata e che si è sempre comportata correttamente”.
Sul livello internazionale, la valutazione è ambiziosa ma misurata.
“Dove mi colloco tra i migliori attaccanti del mondo? Tra i primi cinque, sicuramente. Non voglio fare nomi. Ognuno classifica i giocatori come vuole; ci sono alcuni attaccanti di altissimo livello. Ma quello che ho fatto negli ultimi anni mi permette di essere tra i primi cinque”.