“Mi sono comportato da fratello maggiore, ho provato sincero dispiacere per Maignan che era chiaramente colpito sul piano emotivo: che disagio ho provato per quei buu beceri…”. In un’intervista, Fabio Maresca, l’arbitro che ha interrotto Udinese-Milan per gli episodi di razzismo nel confronti del portiere rossonero, spiega il caso di cui si parla in tutto il mondo e ne caratterizza gli aspetti emotivi.
“Fermo restando – aggiunge – che il regolamento è chiaro, le regole della Figc non ammettono equivoci e io mi sono limitato a seguirli, come è mio dovere”. “Il giocatore era prostrato emotivamente, in modo evidente, io gli ho appoggiato una mano sulla spalla ma lui è andato autonomamente dal quarto uomo e rappresentare la situazione – continua il direttore di gara, premiato nel 2018 con un riconoscimento speciale alla memoria di Stefano Farina in occasione della cerimonia del Premio Bearzot al Coni -. Il quarto uomo mi ha informato e quindi ho cercato di rassicurare Maignan, anche sul piano umano, nel caso avesse avuto una reazione forte nei confronti di un tifoso o dei tifosi: qualsiasi cosa accada, gli ho detto, rivolgiti a me, resta in campo, ora faccio fare l’annuncio”.
“Così è avvenuto, come è standardizzato – prosegue Maresca –, poi è stato ripetuto l’annuncio, sempre agli altoparlanti, e poi c’è stata la prevista sospensione della gara”. “L’arbitro può poi invitare le squadre a lasciare il terreno di gioco – spiega ancora –, cosa che però non è successa ieri. Nei casi più seri, si potrebbe arrivare alla interruzione della partita, sentendo il responsabile dell’ordine pubblico, ma non è stato necessario arrivare nemmeno a questo”.
“In quei momenti – sottolinea Maresca in merito alle sue sensazioni e reazioni –, ho provato grave disagio, per il giocatore ma anche per la situazione. Chi prova amore per questo sport, giocatori, arbitri, tifosi provano dolore a vedere interrotta una partita, una cosa bella per un evento così becero, per il comportamento di alcuni. Perchè solo di alcuni si tratta e non piace nemmeno l’idea di generalizzare”.