venerdì, Agosto 22, 2025

Mazzarri nega di essere difensivista: “Guardiola studiava il mio Napoli”

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Walter Mazzarri è di nuovo sul mercato e non si accontenta di storielle

Walter Mazzarri, l’allenatore che ha navigato le acque turbolente del Napoli nella stagione 2023/2024, è pronto a rimettersi in gioco con il suo solito stile schietto. “Ho ricevuto diverse proposte per andare in panchina dopo aver lasciato il Napoli. Anche da posti inusuali”, ha dichiarato, ma non è tipo da buttarsi su qualunque occasione. Dopo aver valutato diverse opzioni, Mazzarri preferisce aspettare: “Nessuno dei progetti che mi sono stati proposti mi ha convinto. In questa fase della mia carriera, voglio valutare con attenzione. Voglio qualcosa che mi stimoli e mi metta alla prova. Altrimenti, meglio stare fermi”.

Quando gli chiedono dei suoi obiettivi, Mazzarri non si perde in chiacchiere. A una certa età, dice, non è più questione di trofei, ma di motivazione pura. “No, non a questa età: di traguardi ne ho raggiunti tanti, nella mia carriera. Quello che mi serve, più di ogni altra cosa, è la motivazione. Ho bisogno di un piano, di qualcosa che mi spinga ad accettare, che mi convinca di poter raggiungere gli obiettivi della società con cui firmo. Altrimenti, ripeto, meglio restare fermi: se mi limito ad allenare senza tener conto dei dettagli – progetto, ambizioni, obiettivi del club – posso incontrare più difficoltà”. Insomma, non è un yes-man che firma per il primo pagliaccetto che passa.

Sul tipo di squadra che gli interessa, Mazzarri è chiaro e diretto: niente ambiguità. “Non sono uno che può allenare qualsiasi squadra. Devo prima capire le idee del club, in maniera molto chiara. Posso lottare per il titolo, per la salvezza, per la metà della classifica: voglio chiarezza. Voglio sapere bene com’è strutturato il progetto, come si opera sul mercato e che obiettivi ci sono. Voglio sintonia e trasparenza con la società. Altrimenti, meglio non accettare, mi ripeto. La mia è stata una carriera stabile per 23 anni, e ci tengo a sottolineare che, nonostante tutto questo tempo, mi sento ancora rilevante. So cosa voglio dalle mie squadre. Mi considero un esperto: conosco tutti i concetti, anche quelli più moderni come il pressing alto. E so come allenare e far rendere i giocatori. L’importante è che ci sia chiarezza”.

E sull’essere aggiornato, non ha dubbi: a 60 e passa anni, si sente ancora un ragazzino in panchina. “Sono molto aggiornato. Mentalmente mi sento molto giovane. Non lo sarò più a livello di età, ma come idee e meccanismi mi sento preparato e sicuro di me. Saprei cosa fare, se allenassi domani”. Il calcio è cambiato, e lui lo sa bene, ma non si lamenta; anzi, lo dice senza peli sulla lingua. “Tanto, si dice: tutto deve cambiare affinché nulla cambi, si dice. Sono cambiate le persone, i giocatori, il modo in cui si vice il calcio. Gli agenti e il mercato hanno cambiato tante cose. Ora contano di più la preparazione fisica, l’atletismo. Ma per vincere serve la tecnica: senza i giocatori adatti, tutti gli allenatori fatica. Per questo i club cercano profili adatti al gioco del proprio mister. È tutto lì”.

Sulla difesa a tre, uno dei suoi marchi di fabbrica, è categorico e un po’ spavaldo. “Sì, posso giocare a tre. Conosco bene tutte le formazioni. La difesa a tre, come quella che ha usato l’Inter fino a qualche domenica fa, la utilizzo da anni. È il sistema che conosco meglio. Ma, ripeto, non ho problemi con nessun modulo. Un allenatore stratega come me, con 23 anni di carriera, sa insegnare qualsiasi schema. Dipende dai giocatori a disposizione. I moduli li fanno i calciatori, per un allenatore preparato”. E quando si parla di difesa e attacco, ecco un po’ di ironia: “Ironizzo: la prima compete all’allenatore, la seconda al proprietario. Un buon tecnico organizza tutto, e muove i giocatori con idee chiare fino alla trequarti. Ma, senza attaccanti che segnano, tutto diventa difficile e puoi anche passare novanta minuti senza segnare. Servono giocatori di qualità. Il resto lo costruisce l’allenatore, se gli viene dato modo. Questo è fondamentale”.

Sull’importanza dell’esperienza, Mazzarri non si tira indietro e cita esempi senza remore. “È sempre utile, se l’allenatore resta aggiornato e mentalmente giovane. Un esempio parla per tutti, quello di Claudio Ranieri. A Roma ha unito l’ambiente, ha lavorato con intelligenza e competenza. Se un resta al passo con i tempi, l’esperienza diventa un valore aggiunto”. Infine, affronta di petto l’etichetta di allenatore difensivista, con un misto di fastidio e orgoglio. “È una fesseria. Guardiola ha studiato il mio Napoli e l’ha studiato, ci invitò nel ritiro del Barcellona. Attaccavamo in cinque, difendevamo in cinque e recuperavamo subito il pallone. A Torino eravamo primi nel recupero palla nella metà campo avversaria: è l’ultima volta che ho allenato per un campionato intero e abbiamo fatto grandissime cose. Se guardo indietro nel tempo, alla Reggina, giocavo 3-4-3 e Bianchi e Amoruso hanno fatto quasi quaranta gol in due: non penso sia avvenuto a caso. Quella squadra divertiva e veniva studiata. E parliamo di quasi vent’anni fa”.

In sintesi, Mazzarri è un veterano che non ha perso smalto, e se deve saltare su una panchina, vuole farlo con stile e senza fregature. Il calcio moderno ha i suoi trucchi, ma lui sa ancora come giocare la partita. #Calcio #Allenatori #Tattica

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