Eddy Merckx, il Cannibale del ciclismo rompe il silenzio: «La mia carriera? Una giungla dove solo i più spietati sopravvivono» #ciclismo #EddyMerckx #leggende
La leggenda del ciclismo Eddy Merckx si è lasciata andare a dichiarazioni senza peli sulla lingua in una recente intervista al Corriere della Sera. Parlando della sua epica carriera, ha descritto le difficoltà e i retroscena che hanno forgiato la sua immagine di dominatore assoluto delle corse su due ruote.
«La mia carriera? Una giungla dove solo i più spietati sopravvivono», ha confessato senza alcuna remora. Un’affermazione che smonta il mito romantico del campione dall’alto del podio: dietro ogni vittoria c’è una lotta senza quartiere, fatta di sacrifici, strategie e anche di dinamiche poco chiare.
Il “Cannibale” non ha esitato a raccontare il mondo del ciclismo come un ambiente spietato, dove è necessario essere ben più che semplicemente “bravi” per imporsi. Lo sport, dice, è una battaglia in cui vincono solo i più cattivi, quelli disposti a tutto pur di trionfare.
Nelle sue parole emergono retroscena sull’agonismo che pochi osano svelare: «Non bastano la forza o la resistenza, serve una fame di vittoria che non ammette limiti». Non una semplice dichiarazione di umiltà, ma il manifesto di chi ha trasformato il talento in una macchina da guerra, terrorizzando avversari e tifosi allo stesso tempo.
Questo racconto senza filtri rende merito alla figura di un uomo che ha rivoluzionato il ciclismo, ma che non si è mai nascosto dietro al mito del campione intoccabile. Merckx, con la schiettezza che lo contraddistingue, ci ricorda che dietro ogni leggenda c’è una dose massiccia di spietatezza e sacrificio, ingredienti fondamentali per entrare nella storia.