Montervino non usa giri di parole: il Napoli ha struttura e qualità, ma manca l’idolo che faccia innamorare la città — tra nomi, confronti e speranze #Napoli #Hojlund #McTominay #DeLaurentiis #Conte #Lavezzi #Cavani #Mertens
Francesco Montervino, ex capitano del Napoli e dirigente sportivo, è intervenuto ai microfoni di Radio Marte nel corso di ‘Forza Napoli Sempre’ per fare il punto sulla squadra e sui sentimenti che la circondano.
“Per completezza questo Napoli potrebbe essere il migliore dell’era De Laurentiis, anche se se la gioca con quello di Spalletti. Io però vorrei che entrasse di più nel cuore dei napoletani, come è successo anche a qualche Napoli che non ha vinto. L’attuale Napoli ha una struttura eccellente nell’organico ma servirebbe il beniamino dei tifosi, l’idolo delle folle come erano Lavezzi, Cavani o Mertens. Mc Tominay si sta dimostrando un serio candidato ma non è ancora ai livelli di quelli citati.
Oggi il trasporto verso il Napoli ce l’hanno verso De Laurentiis e verso Conte, leader assoluto per carità, ma in campo ci vanno i calciatori. Hojlund ha le qualità per diventarlo, ha ferocia e doti tecniche. Però deve farlo in fretta, come è accaduto ai calciatori che hanno subito lasciato il segno a Napoli, come capitò, alla seconda giornata appena, con Lavezzi nella gara contro l’Udinese. Mi auguro e mi aspetto che lui possa fare la differenza in Italia, anche perché viene dalla Premier”.
Montervino non si nasconde: il giudizio sulla rosa è lusinghiero ma non basta la qualità tecnica per trasformare una squadra in leggenda. Serve un giocatore che diventi punto di riferimento emotivo per i tifosi, un idolo che travalichi il campo — e il richiamo ai nomi di Lavezzi, Cavani e Mertens è tutto fuorché casuale.
Il discorso si sposta poi sui rapporti extra-campo: secondo Montervino l’attenzione è rivolta molto alla proprietà e alla guida tecnica, ma “in campo ci vanno i calciatori”. Su Hojlund il responso è chiaro: potenzialità e ferocia non mancano, ma la velocità nel lasciare il segno sarà decisiva, come ricordato dall’esempio del rapido impatto di Lavezzi contro l’Udinese.
La sintesi è un invito diretto: il Napoli può ambire in alto, ma per entrare davvero nel cuore della città serve quel colpo d’ala umano, quell’idolo che faccia cantare lo stadio. La palla, alla fine, resta nei piedi dei giocatori.