Quando il calcio diventa un ring: "Il tecnico romano" non accetta di fare la parte del capro espiatorio della FIGC, la battaglia è appena cominciata! #Calcio #FIGC #Controversie
Nel cuore di una guerra che sembra più politica che sportiva, il tecnico romano, nato nello storico quartiere Testaccio, si mostra come un vero duro. "Il tecnico romano, nato nello storico quartiere Testaccio, non ha alcuna intenzione di diventare l’ennesima vittima sacrificale della FIGC." Una frase che suona come un manifesto di resistenza contro le pressioni e le ingiustizie di una federazione pronta a mandare al macello chiunque osi andare controcorrente.
L’allenatore non ha intenzione di passare sotto il tritacarne mediatico come tanti suoi predecessori, consapevole che nel calcio italiano non basta saper allenare: bisogna anche sapersi muovere in un ambiente intriso di tattiche politiche e giochi di potere. In una realtà dove spesso i veri colpevoli restano impuniti, diventa quasi un atto di coraggio non mettersi in ginocchio davanti a chi distribuisce sentenze a occhi chiusi.
Il messaggio è chiaro, diretto, senza giri di parole: non sarà la chiacchiera di qualche dirigente o l’opinione pubblica pilotata a decidere il destino di un uomo che vuole semplicemente allenare e vincere. Nel calcio di oggi, dove le colpe si cercano spesso nei nomi più facili, lasciare spazio a queste parole significa forse risvegliare un ambiente troppo abituato a ingoiare passivamente decisioni altrui.
Chi si voleva un tecnico rompiscatole o un outsider è stato ampiamente smentito. Qui c’è la volontà e la forza di chi non intende recitare la parte del capro espiatorio. Questa è una storia che va seguita, perché mentre si parla di tattiche e formazioni, dietro le quinte si consumano lotte molto più sporche, dove il più forte non è sempre quello con il pallone tra i piedi, ma chi riesce a non farsi calpestare.