“Il Napoli di Sarri sarà ricordato per trent’anni”. Sarri parla del calcio di Sarri. Lo fa intervistato da Repubblica.
Cerca di staccarsi di dosso l’etichetta del Sarrismo, qualsiasi cosa esso sia: “Un conto sono le tradizioni, un altro l’interpretazione del gioco. Io cerco di trasmettere ai miei giocatori anche l’aspetto culturale, perché conoscere il passato del club, dell’ambiente e dei vecchi giocatori ti arricchisce. Siamo la somma di una storia individuale e collettiva.
Sono un autodidatta che ha imparato a furia di schiaffi sul viso e di lezioni prese. Il sarrismo fatico a comprendere cosa sia, ma tanto è un mondo di slogan, di etichette e luoghi comuni e allora teniamoci il sarrismo.
Se ci riferiamo agli anni di Napoli, io non posso e non devo fare quel calcio lì per forza, anche se la gente pretende da me sempre la stessa maniera di giocare. Avere dei palleggiatori non è come avere dei contropiedisti, mi devo adattare, la Lazio non potrà mai essere come il Napoli.
Prendiamo Immobile: deve attaccare la profondità e non giocare contro le sue qualità migliori. L’altro giorno mi ha chiesto: mister, cosa devo fare per tornare come prima? Gli ho risposto: fai quello che hai sempre fatto, non venire incontro alla palla, continua a scavare la difesa avversaria, a giocarle addosso”.
Sarri dice quando ha vinto non si è divertito, mentre alla Lazio ha riscoperto il piacere di allenare… “Alla Juve tutto era dovuto e dovevamo solo vincere la Champions, ma era un messaggio inquinato. Ho vinto lo scudetto con un gruppo a fine ciclo e una società che ha preso me perché aveva la voglia ma non la convinzione di cambiare stile.
“Andare via dalla Premier e tornare in Italia è stato un errore”
Nel Chelsea ho fatto fatica io a calarmi in un club atipico, senza ds, dove nessun allenatore riusciva a resistere due anni. Però poi negli ultimi mesi mi sono divertito e ho sbagliato a voler venire via, non tanto dal Chelsea, che mi avrebbe anche tenuto, ma dalla Premier, un contesto di bellezza unica.
Tornare in Italia è stato un errore Qui ti fanno sentire neanche parte integrante, ma addirittura fondamentale: così è la figura dell’allenatore, per Lotito. Io avevo delle idee, poteva esser l’anno in cui alzare l’asticella, ma le mie sono proposte tecniche e basta: la realizzazione economica spetta alla società”.