Trent’anni dopo lo sbarco nerazzurro, Javier Zanetti si porta dietro ricordi, miti e l’emozione di una famiglia che vola con lui: “arrivare all’Inter” non è mai stato solo calcio. #Zanetti #Inter #30Anni
A trent’anni dal suo sbarco nel mondo Inter, il vicepresidente Javier Zanetti si è raccontato in un’intervista ai canali ufficiali del club ripercorrendo i passi salienti della sua carriera, ricordando volti e momenti che hanno segnato l’inizio della sua avventura milanese.
“Ricordo ancora il mio arrivo a Milano: presentazione in Terrazza Martini, c’erano Facchetti, Angelino, Suarez, Bergomi, il presidente Moratti… Ricordo quella prima sensazione nello scoprire il mondo Inter. Mia mamma mi aveva raccontato le grandi finali, quella con l’Independiente per esempio, di cui io sono tifoso in Argentina. Poi vedevamo le partite contro il Napoli di Maradona… Avere questa opportunità di giocare in un club come l’Inter era bellissimo, eravamo tutti emozionati, mio padre e mia madre per la prima volta presero un aereo con me. C’era grande emozione”.
Il racconto mette in luce l’aspetto umano più che quello epico: nomi leggendari, miti da una parte, la famiglia dall’altra, e quel mix di orgoglio e imbarazzo che arriva quando i genitori salgono su un aereo per la prima volta insieme al figlio. Nessuna retorica esagerata, solo la descrizione di un debutto che resta scolpito nella memoria di chi ha avuto la fortuna e la pressione di indossare una maglia importante.
L’intervista conferma come, oltre ai trofei e alle piazze, siano gli aneddoti personali — le presentazioni formali, gli incontri con i campioni, le partite che si guardavano in famiglia — a tracciare la vera dimensione di un arrivo che, per Zanetti, è stato prima di tutto un’esperienza emotiva e collettiva.