Il ritorno di Allegri: un passato epico e scelte discutibili nel calcio italiano
Il grande ritorno di Max Allegri allo Juventus Stadium contro il Milan sta dominando le discussioni della sesta giornata di Serie A, con un mix di gloria passata e realtà attuale che fa riflettere. In un editoriale dell’edizione odierna del Corriere della Sera, il giornalista Paolo Condo non esita a puntare il dito su certe scelte, dipingendo un quadro dove la fedeltà al proprio cammino può sembrare più pigrizia che strategia.
“Il ritorno di Max Allegri allo Juventus Stadium è la storia della 6a giornata, grazie alla forza del presente e alla suggestione di un passato da libri di storia. Con 5 scudetti, 4 coppe Italia e 2 finali Champions in 5 stagioni, il primo periodo di Max alla Juve compete per il titolo di top mai visto dalle nostre parti. Proprio per questo al suo posto non avremmo accettato la seconda chiamata in bianconero, che nasceva da premesse diverse, eppure ugualmente lo inchiodava ai risultati.”
Allegri, che a gennaio era incredibilmente appeso all’Inter, aveva chiesto un rinforzo serio per reggere fino alla fine, ma gli sono arrivati solo Djalo e Alcaraz – un segnale fin troppo chiaro. Ora, con il suo spostamento al Milan, le cose cambiano: del vecchio gruppo è rimasto solo Ibra, un po’ defilato.
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“Allegri a gennaio, miracolosamente incollato all’Inter, aveva chiesto un giocatore vero per provare a competere fino alla fine. Erano invece arrivati Djalo e Alcaraz, e il messaggio gli era parso inequivocabile. Il secondo ritorno della sua carriera, stavolta al Milan, è differente perché dei vecchi tempi non è rimasto nessuno, se non il defilato Ibra. E però anche questa scelta conferma la tendenza di Max a tornare sempre sulle proprie orme (fedele o pigro?): da quando allena in A si è seduto su tre panchine, Cagliari, Milan e Juve. Qualche raffronto: Conte ne ha 7 (4) italiane più 2 straniere più la Nazionale), Spalletti 9 (7 + 1 + 1) Ranieri 16 (8+8). Trapattoni, l’unico ancora in vantaggio quanto a scudetti, ha allenato 5 squadre in Italia, 4 all’estero e I’Italia. L’unico paragonabile resta Fabio Capello, che in serie A ha guidato solo Milan, Roma e Juve, cui ha aggiunto due Real Madrid, l’Inghilterra e una crepuscolare stagione in Cina”.
Con confronti come quelli con Conte, Spalletti, Ranieri e Trapattoni, emerge come Allegri non sia esattamente un giramondo del pallone; forse, in un mondo dove tutti corrono dietro a nuove avventure, lui preferisce le comodità note, anche se questo potrebbe essere visto come un limite in un gioco che premia l’audacia. Questo editoriale non fa che evidenziare come, nel calcio italiano, certe abitudini possano essere tanto rassicuranti quanto rischiose.