domenica, Maggio 5, 2024

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“Gioia indescrivibile, ora piedi saldi a terra”

 Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all’Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni in chiave Napoli

 Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all’Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha espresso alcune considerazioni in chiave Napoli dopo la vittoria sulla Juve.

“Non sono riuscito a tifare. Tanta era la tensione che, nel corso dei cori pre-partita, ho avvertito forte e persistente un dolore su tutta l’alta fascia intercostale, da destra a sinistra. Ho veramente pensato che stesse per venirmi un infarto. Sul serio. Ovviamente non interessa a nessuno. Ma serve ad esemplificare efficacemente lo stato d’animo collettivo.

La città era da giorni in attesa. Con passione e trepidazione. Ci si salutava tutti con un riferimento a quella che per noi tifosi azzurri è la madre di tutte le partite. Saremo all’altezza? Veramente ‘questi’ possono riaprire la lotta per il titolo? Ma li hai visti giocare? Sì, hanno vinto 8 partite di fila e senza prendere gol, ma come? La memoria della storia alimenta pensieri di preoccupazione. Il timore che – come quasi sempre – nel momento cruciale s’incrocino concomitanti gli eventi negativi: i nostri intimoriti dal cimento ardimentoso e dalla responsabilità di avere sulle spalle l’umore di un popolo intero, la cattiva sorte, la consueta illegittima disapplicazione delle regole.

Lo si percepiva nell’aria. Dagli sguardi. E anche dalla carica liberatoria dei canti e delle grida emessi a squarciagola. Con tutta la forza di cui ciascuno si sente individualmente capace, per contribuire all’esito fausto tenacemente voluto, mettendo insieme le energie di cui la comunità nel suo intero dispone.

Finalmente la partita ha inizio. E la percezione di una sorte negativa, minuto dopo minuto, svanisce. La potenza della squadra, del suo gioco, è inarrestabile. Al termine una sensazione di appagamento tranquillizzante. La consapevolezza serena di una superiorità indiscutibile. La soddisfazione per l’integrale coniugazione di bellezza e vittoria.

Almeno sin qui. Ecco, corriamo un solo serio rischio. Dare per scontato quanto s’è sin qui inopinabilmente realizzato e visto. Il cammino è lungo. Manca l’ultima del girone di andata (fra l’altro un derby, per varie ragioni, tutt’altro che semplice), e poi l’intero girone di ritorno. Godiamo fino in fondo della gioia che questa partita c’ha dato. Ma, se vogliamo farlo in ultimo, bisogna tenere i piedi saldamente piantati in terra.

Dobbiamo avere la saggezza di considerare questa vittoria soltanto come il primo approccio di un lungo amplesso. Lento, intenso e dolcissimo. Che alla fine ci porti ad un godimento diffuso che potrebbe prospettarsi di gran lunga maggiore. Anzi, assoluto. Capace di sfociare in una vera e propria apoteosi azzurra, condita da un grandioso spettacolo di luminosa ed esaltante euforia.

Dunque, affinché il sogno possa di bel nuovo realizzarsi, viviamo sì, appieno, la gioia infinita, ma senza alcun pericoloso salto in avanti. E soprattutto, prudenza nei giudizi e nei commenti. L’amore vero si nutre di una paziente ma operosa attesa. E suggerisce di mantenersi diffidenti nei confronti di ricostruzioni fantasiose che già preconizzano la conclusione della storia, avanzando spiegazioni infondate, e palesemente smentite dalla mera osservazione dei fatti.

Non v’è alcuna «società più forte». Si rileva invece che essa dispone di una, volutamente, modestissima «organizzazione aziendale». E – verrebbe di dire – proprio per ciò perfettamente coerente col racconto secondo cui la S.S.C. Napoli incarna quella che, con tono sprezzante, viene definita «la confusione organizzata, l’estro indissolubilmente legato alla discontinuità». Un racconto che è tutto fuorché «grottesca narrazione». Altro che. Si tratta di onesta constatazione della realtà. Evitiamo, dunque, celebrazioni anticipate fuori luogo. Teniamo a bada ogni rischio di nocivo autolesionismo. Guardiamo all’evento finale con saggia prudenza e ferma convinzione. Pronti a godere, un passo alla volta, di ogni singolo istante. Lentamente, ma appassionatamente. Come è proprio di un amante esperto. Come ci è proprio antropologicamente, filosoficamente, secondo spirito epicureo.

Venerdì, una volta a casa dal tempio, ormai a tarda sera, stremato, ho postato su Whatsapp queste parole: «Come è bello essere oleografici!!!».



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